Valeria Solesin e la generazione Bataclan

VALERIA bataclan generazione

L’italiana lavorava per Emergency. Studiava welfare e occupazione. Era il futuro d’Europa. Con lei altre 128 vittime. La Spoon River 2.0 dei giovani di Parigi.

i Giovanna Faggionato | 15 Novembre 2015

L’Italia piange Valeria Solesin, la giovane veneziana morta nella barbara strage di Parigi. «Figlia d’Italia e d’Europa», l’ha definita il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio di cordoglio alla famiglia, «uccisa, insieme a tanti altri giovani, perché rappresentava il futuro dell’Europa, il nostro futuro».
LA GENERAZIONE BATACLAN. Una giovane attiva nel sociale, intelligente, solare, una ragazza della generazione Erasmus trasformata cupamente nella generazione Bataclan.
«In questo momento l’unica cosa che ci preme è ricordare che nostra figlia era una persona, una cittadina e una studiosa meravigliosa», ha detto la mamma Luciana.
MANCHERÀ ALL’ITALIA. «Mi mancherà molto», ha sottolineato, «e credo che mancherà anche al nostro Paese, all’Italia, per le doti che aveva».
Ottimi voti, una laurea in sociologia a Trento e poi il dottorato alla Sorbona di Parigi. Negli anni dell’università lavorava con Emergency, in Francia era andata ad aiutare i clochard. «Un modo per conoscere a fondo il luogo dove era andata a vivere temporaneamente, per soddisfare la voglia di essere d’aiuto oltre a quella di conoscenza», ha spiegato la madre. La voglia di esserci, di sporcarsi le mani.

SU, RAGAZZE AL LAVORO. Valeria era esperta di welfare famigliare. Da giovane studentessa aveva inviato un articolo sul confronto tra i problemi dell’occupazione femminile in Francia e Italia alla redazione di Neodemos, una rivista di studi demografici. Oggi quel testo è stato ripubblicato «in un giorno di amara tristezza, per ricordare il suo impegno ed onorarne la memoria». L’articolo è corredato da una breve nota: «Nessuno di noi la conosceva o l’aveva incontrata. Lo leggemmo, ci piacque, e lo pubblicammo il 30 Ottobre del 2013. Ci piacque anche il titolo esortativo “Allez les filles, au travail!” (Su ragazze, al lavoro!, ndr).
Il premier Matteo Renzi, dal G20 ha fatto sapere che a Valeria potrebbe essere intitolata una borsa di studio: «Credo che non ci siano parole, faremo di tutto per ricordare questa giovane ricercatrice. Penseremo con la famiglia un modo, magari una borsa di studio».
STUDENTI, RAGAZZI E GIOVANI PROFESSIONISTI. Resta l’amarezza, il dolore senza limiti, lo sgomento per quelle vite giovani, talentuose, piene di speranza, bruciate dall’odio. Tra le vittime del Bataclan, tra il pubblico di quel concerto diventato cimitero, c’è Valeria e ci sono Marie Lausch e Mathias Dymarske, giovani fidanzati che si erano trasferiti a Parigi da poco. C’era Nicolas Classeau, il direttore dell’istituto universitario di tecnologia di Parigi: 40 anni e padre di tre figli. C’era anche Elodie Breuil, 23 anni, studentessa di design e fotografia che a gennaio era scesa in piazza accanto alla madre per difendere la libertà di espressione, la democrazia, i valori della Repubblica, dopo la strage di Charlie Hebdo.
E poi Mohamed Amine Benmbarek,: marocchino, architetto, 28 anni. Insegnava a Parigi alla scuola nazionale superiore di architettura: è stato ucciso al bar Le carillon. I morti di Parigi sono accomunati più dall’età, che da nazionalità e religioni.
SPOON RIVER 2.0. Sono i nomi di una Spoon River 2.0, narrata attraverso le fotografie e gli appelli diffusi sulla pagina Facebook e l’hastag twitter #RechercheParis. Una piazza virtuale in cui si cercano i dispersi: «Siamo senza notizie di Nathalie da ieri sera… Condividete», «Mia nipote Marionne era al Bataclan, dalle nostre informazioni è caduta incosciente, poi più niente». Un luogo aperto in cui si compiono veri miracoli e si scoprono, in pubblico, anche le notizie che nessuno vorrebbe mai ricevere. Nostro malgrado, ma con orgoglio, siamo tutti la generazione Bataclan.

@GioFaggionato

(www.lettera43.it)